Nella strada uomini sfusi
conclusi nella strada.
Contro l’incuria del Parco Sangalli a Roma, lordo di immondizia e siringhe tra i piedi delle migliaia di avventori tra cui molti bambini, ho compiuto questo video. Esso nasce da una “raccolta spontanea dell’immondizia” (così si chiamano queste iniziative, le quali, per quante ne avvengono sistematicamente nella capitale, sono ormai una realtà codificata) organizzata, filmata e argomentata da me in questa composizione.
Se vedete un trentenne
col viso pulito, da ragazzo,
a spasso per la periferia
forse quello starà pensando
ai ligustri di via dell’Acqua Bullicante
o sarà in cinta di quella consueta poesia
che nasce al crepuscolo
rincasando.
Se vedete un tipo sospetto
che osserva le vostre finestre,
gli ingressi delle brutte case
in cui vivono nonni e nipotini
i tossici disinvolti
il bucato triste dei cinesi
le fritture dei bangladesi
……………………….
……………………..
forse lui starà cercando
parole appropriate a tutto questo.
***
Coi nomi di queste vie
Scritta in una strana potente domenica romana d’aprile
quando il cielo era opaco ma l’umore limpido
e un trenino avente per capolinea qualche profondità della via Casilina
mi ha raccolto a Torpignattara e scaricato alle porte della borgata Giardinetti
dove, con una penna comprata in un bar,
su un volantino pubblicitario raccolto dalla strada,
sono accaduti questi versi
che dalla strada sono tornati alla strada
Coi nomi di queste vie
cosa viene a noi
che abbiamo letto milioni di versi?
Signora delle nostre arti,
chi sei che soffi poesie dal nulla
e la cara via Casilina ti è alleata
e complici ti sono le sue vie?
Via dell’Alloro
via dei Glicini
via delle Magnolie
……………..
………………
A via dei Giardinetti
arriva questo trenino
col suo proletariato di facce
e lungo la via altri nomi
altri complici vicoletti,
altro proletariato di incisori
orafi, pittori…
Via Ercole Bazzicaluva
via Angelo Cappuccio
via dei Fratelli Poggini
……………..
……………..
Ah, voglio scrivere ogni tuo nome
poesia della mia patria
e voglio scrivere la parola patria
tante volte per quante arti
quante vie quante facce tue,
poesia della mia patria.
Una palazzina a metà limone e grigio
un’altra di croste, un’altra di rosso
che svanendo dalla sottostante calce
sempre più assurdo e felice diventa,
al di sopra di ogni pittore!
……………..
………………
Ah, se solo proviamo ad entrare
tra questi muretti
dove stanno le magnolie
i fichi e sempre i limoni,
dove vasi rusticamente magistrali
decorano alti gli ingressi
e statuette di nobili leoni
vegliano proletari casati
di ciociari, operai, contadine
e pomodori, agli, zucchine
gatti assopiti, cani insonni, e di gesso
quanti nani nei giardinetti calmi
tra tavolini e sedie riverse su cui piove
e poi torna il sole romano;
finché oggi queste casette
un tempo misere e disperate
stanno come avvertito possesso
di quel qualcosa d’umano
che anche dei più inumani borghesi
è sogno.
E quando il vento è caldo
e la terra si gonfia come il pane
più degli oleandri e degli allori
sono le tante palmette africane
a fremere nei marciapiede,
quando il vento è il maschio
che sgorga dalla primavera.
E l’umanità di questo trenino che torna
fatto di carne e ossa: tante forme
qui e là scolpite, piccole e grosse
teste, e tanti colori di pelli fini
qui e là dipinte: meraviglia del mondo
nelle tante sue regioni e patrie; e
le mani lisce poche, le mani rosse
e graffiate pesano sui pantaloni,
e questa mano che tiene la penna
scrivendo al ritmo della gioia
e del dolore più coscienti oggi
in questa domenica quasi d’aprile,
quando abbiamo sognato afferrare
l’intenzione viva e callosa delle cose:
miniature di miniature all’infinito
contenute in queste vie, anzi incise:
le porticine storte dalla ruggine
le fontanelle reclinate sui loro getti
le piccole targhe che avvisano dei cani
l’incombenza, o portano nomi,
indicano fabbri, dottori, matti
e una fabbrica di bomboniere
………………..
………………..
e la morte in motocicletta di qualcuno
su quel punto di strada puntuale
dove l’erba approfitta della crepa
il rampicante lega le sbarre
e il finto girasole nel vento ruota…
‘Na cosa
videopoesia
***
La mia saggezza?
La userò come segnalibro
fin quando non sarò più colto.
La mia razionalità?
Non controllo mai il resto
che il commerciante indiano
mi mette nel cuore della mano,
mentre ne seguo il gesto
come un cane
e lo amo.
***
Voci di vedove e vecchi edili
voci di ieri nella borgata
mi hanno rapito
nella sera di Roma,
quando alla fine di Ottobre
una luce appena sufficiente a leggere
prende i fogli della scrivania, i libri
maestosi, la gente umile, la Strada
lurida dove giocano i bambini,
i negozietti vocianti, le risa ferrose
delle signore…tutto nel suo giallo scordato.
E tutto sembra conciliato in sé, nelle cose,
anche la frase piena d’immondizia
s’intona al verso di Rimbaud
per strana amicizia,
e la mia stanza
stornella con la Strada, e ogni cosa
come dentro un’unica bocca emozionata
cade nella sera felice e disperata
profana e amorosa.
***
Vecchio giorno di festa
Gli occhi e le labbra chiuse dei palazzi
appena assolati nei mattini
e nel richiamo della città gli uccelli sono pazzi
o forse sognano, o ritornano bambini.
Il sabato è quella luce che bacia il vuoto degli spazi.
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